Apprendimento induttivo e didattica laboratoriale.
L’esperienza delle scuole de Il Veliero Parlante
La metodica che presentiamo risponde al bisogno di rendere concreta la didattica inclusiva attraverso l’applicazione del principio della Personalizzazione; permette di creare spazi reali di apprendimento per ogni tipologia di studente, sia coloro che sono dotati di intelligenza di stampo gnoseologico che tutti coloro che sono dotati di intelligenza tecnico-pratica. Si tratta di pratiche di laboratorio che si articolano in fasi di azione e di debriefing bilanciati sui feedback degli studenti.
La metodica che presentiamo risponde al bisogno di rendere concreta la didattica inclusiva attraverso l’applicazione del principio della Personalizzazione; permette di creare spazi reali di apprendimento per ogni tipologia di studente, sia coloro che sono dotati di intelligenza di stampo gnoseologico che tutti coloro che sono dotati di intelligenza tecnico-pratica. Si tratta di pratiche di laboratorio che si articolano in fasi di azione e di debriefing bilanciati sui feedback degli studenti.
Una classe che lavora nella logica di Veliero porta a termine
un compito, parte da un'idea e la rende concreta, evidente, tangibile.
Il Veliero Parlante è una
rete di 43 scuole salentine di ogni grado che fanno ricerca dal 2008 per la costruzione
di un modello dinamico di scuola basato sulla didattica delle competenze. Ci
piace dire che facciamo rotta verso il
futuro che non è raggiungibile per definizione e proprio questa
irraggiungibilità impone un dinamismo didattico che supera il modello di scuola
trasmissiva. Il nostro obiettivo, infatti, è costruire una scuola che sia
sull’onda della modernità per rispondere ai bisogni dei nostri studenti.
Utilizziamo la metafora della navigazione per indicare anche i perigli, le
burrasche, le secche e le bonacce nelle quali la scuola si dibatte. Tante.
A bordo del Veliero
Parlante non abbiamo ricette e medicine, ma proposte di contaminazione positiva
che restituiscono al docente il piacere di insegnare. Siamo dirigenti e docenti
in rete, sempre volti a intuire nuove
soluzioni possibili, ma ormai siamo alla prassi ordinaria; stiamo lavorando per
il miglioramento continuo, che non contempla utopici abbattimenti e
ricostruzioni, né condizionanti investimenti tecnologici o strutturali ma esclusivamente
interventi di progettazione didattica che ripensano creativamente spazi e
sussidi esistenti.
Abbiamo elaborato un
framework, non propriamente un modello; un’intelaiatura che si basa sulla necessità
di tradurre in concretezza -in consapevolezza di senso- l’utilizzo dei saperi disciplinari e del necessario
metodo per apprenderli che è applicabile ad ogni tipologia di scuola. Infatti
le nostre scuole di ogni grado, partendo da stimoli comuni[1]
elaborano itinerari progettuali volti a costruire ambienti di apprendimento ad
alto potenziale motivazionale per favorire negli alunni la conquista del
piacere di imparare.
La caratteristica del
nostro progetto è di offrirsi come struttura logica, che non vincola ma
permette l'originale e creativa costruzione di azioni didattiche complesse.
Lavorare in rete,
condividere esperienze e occasioni, permette altresì, alle scuole collegate, di
migliorare la competenza riflessiva dei docenti e la capacità documentativa
delle scuole.
La tensione è quella di
ricercare il superamento dell’acquisizione dei saperi tout court per favorire approcci fondati sul learning by doing che permette
l’interiorizzazione delle fasi di apprendimento e la conquista del metodo di
studio.
L’itinerario di ricerca
si sviluppa nel corso dell’intero anno scolastico e prende avvio con un
percorso di formazione dei docenti che funge da collante e stimolo[2].
Gli itinerari formativi sono costruiti per l’affinamento delle competenze di
gestione della pratica didattica intesa come costruzione di laboratori di
ricerca, per approfondire i contenuti proposti per i progetti e per riflettere
intorno a metodiche e strategie didattiche, come il Problem Based Learning[3],
il Cooperative learning, il Service learning, la Flipped classroom, ecc. Le suggestioni
vengono interpretate e contestualizzate in maniera libera e originale dalle
scuole della rete che, nella terza settimana di maggio, espongono i prodotti
costruiti nei laboratori didattici, anche molto diversi tra loro.
I prodotti sono
magnifiche opere uniche: libri, libri oggetto, e-book, film, video, murales,
giocattoli, manifesti, strumenti musicali … [4]
Una classe che lavora
nella logica di Veliero, deve:
leggere
documentarsi
acquisire specifici
saperi disciplinari
ideare
progettare
scrivere
illustrare
curare l’editing
pubblicare
esporre
sottoporsi a valutazione
assumere un atteggiamento riflessivo
Solo apparentemente gli
steps appena elencati rappresentano i passaggi normali dei tipici itinerari
didattici legati alla bella tradizione della scuola italiana; essi la
contengono e la superano. La tradizionale didattica d’aula, nella maggior parte
dei casi, si limita ad alcune delle suddette fasi; infatti sono tantissime le
esperienze di lettura e riformulazione del contenuto con progettazione e
produzione di prodotti anche molto interessanti; il quid, quello che le scuole
del Veliero sostengono e realizzano, è il valore aggiunto del portare a termine
un lavoro.
Se lo scopo, richiamando
la quinta competenza chiave europea per la cittadinanza, è quello di imparare
ad imparare, ci sembra necessario attivare approcci di studio metodologicamente
corretti attendendo che nella costruzione del setting didattico (montato a
misura di bambino, ragazzo o giovane) non si perdano pezzi fondamentali della
metodologia adulta e seria di ogni
disciplina, ma se ne propongano, adeguatamente calibrate e ridotte, tutte le
sue parti. Scrivere un libro a scuola
non deve significare, rispetto al metodo, modificare le regole scientifiche
della materia; piuttosto significa esperirle tutte sistematicamente per
costruire, intorno all’oggetto di studio, schemi cognitivi corretti,
replicabili e adattabili, in futuro, ad altre situazioni di apprendimento.
Il portare a termine
passa da un atto di volontà; terminare un circuito elettrico, un tema, un power
point, un articolo, un problema, non è teoricamente diverso. A scuola non si
impara solo a fare con i saperi ma si deve anche imparare a portare a termine,
ad essere orgogliosi del proprio lavoro. Tutto si impara e se si chiede ad una
maestra della scuola dell’infanzia se è importante insegnare ad un bambino a
finire il proprio disegno, a completare la scheda, a finire di innaffiare tutte
le piantine, a finire tutta la minestra nel piatto … certamente risponderà di
si, che con tanta dolcezza e con tanta pazienza da sempre si lavora nelle
sezioni per allungare di minuto in minuto il tempo dell’attenzione, per
esercitare la memoria, per avere cura di sé e delle cose.
In quei momenti si stanno
piantando i semi dello studio, dell’impegno e del dovere. E quei semi devono
crescere e diventare habitus dello studente; la difficoltà si trova nel fatto
banale che già nella scuola Primaria sembra che non si possa coniugare
l’acquisizione dei saperi con la consapevolezza del proprio essere perché si
afferma imperiosa la logica dell’insegnamento a scapito di quella
dell’apprendimento; i docenti spiegano, verificano, sostengono, ma non sempre
ciò produce apprendimento perché la lezione frontale e i banchi regolarmente
distanziati non facilitano la manipolare dei saperi, non a tutti, almeno.
Produrre oggetti culturali (libri e non libri) favorire la consapevolezza
dell’agito ci appare utile e importante e ci permette di coinvolgete tutti gli
studenti. Tutti.
In questo processo gioca
un ruolo determinante l’esposizione del lavoro finito che apre alla moderna
logica dell’esigenza di sottoporsi ad una positiva valutazione esterna, per
uscire dall’autoreferenzialità e favorire l’assunzione di un atteggiamento
riflessivo. In questo modo la valutazione non è solo un bilancio, ma precede,
accompagna e, soprattutto, aiuta a costruire la relazione educativa. Perché se
il nostro lavoro deve essere presentato ad altri che non siano i soli addetti
ai lavori direttamente coinvolti (il solo professore che ha assegnato il
compito, nella maggior parte dei casi) allora, proprio con la differente
attenzione con cui organizziamo un quotidiano pranzo familiare rispetto a
quando riceviamo ospiti eccezionali, le fasi di editing e pubblicazione
diventano molto importanti. Il certosino labor
lime, che prevede concentrazione, analisi, attenzione, fa bene agli
studenti; mettere in ordine, impaginare, abbellire e impreziosire il proprio
lavoro non sono occasioni per dare valore e senso al proprio impegno, per
comprendere che lo studio produce oggetti culturali? Che ciò che imparo a
scuola serve ora e mi servirà ancora e ancora?
Se la scuola mi vale come
officina di vita, come preparazione alla mia vita adulta, se vado a scuola (per
tanti anni!) non devo trovare il senso di quello che faccio? Pensiamo davvero
che tutti i nostri alunni – tutti, dato che noi siamo la scuola pubblica, la
scuola di Stato, dove ci sono eccellenze e debolezze- trovi in sé la
motivazione per far fatica, studiare, impegnarsi in lunghe indispensabili
esercitazioni?
Si impara facendo nei
laboratori didattici, si impara a studiare acquisendo il rigore metodologico
dello studio, ma si deve avere un’idea da seguire; i docenti devono aiutare a
capire. Attraverso la didattica di laboratorio e il privilegiare l’esperienza
di apprendimento per metodica induttiva si riesce a rovesciare il sistema
tradizionale di apprendimento fondato sull’acquisizione dei principi teorici
(pratica possibile solo per chi è dotato di intelligenza gnoseologica). Operare
sul caso concreto permette a ciascuno di imparare facendo e solo
successivamente, in adeguati momenti di debriefing, raccogliere informazioni
per astrarre principi e teorie; in questo modo TUTTI imparano. Chi è dotato per
la riflessione e chi è portato per la pratica.
Per questo diciamo che la
scuola è un ambiente di apprendimento intenzionalmente costruito;
intenzionalmente organizzato per far comprendere che la via per il successo
passa attraverso la dedizione, l’impegno, la determinazione. Se con i miei
prof. e i miei compagni sto costruendo un libro di storia del mio paese, un
saggio breve, un romanzo di avventure, un manifesto, può succedere che io lo
stia facendo da inconsapevole operaio (al limite dell’alienazione) oppure che
io lo stia facendo da studente ricercatore.
La funzione dell’insegnamento
è quella di guidare all’uso degli oggetti culturali per permettere la
costruzione di schemi cognitivi di apprendimento. A scuola il setting didattico
è un ambiente controllato per definizione; è una situazione per toccare con
mano, provare, imparare ad usare e a fare, il maggior numero di cose possibili,
rispetto a saperi disciplinari ben codificati e posseduti dai docenti. Si
tratta di non trascurare, in primis, la fase di ricerca delle precedenti
esperienze già realizzate e facilmente reperibili. Inoltre, nel fare ricerca,
si acquisiscono importantissime conoscenze e abilità di tipo tecnico a partire
dalle varie strategie di documentazione utilizzando tutti i canali possibili:
dalle fonti dirette, ai saggi letterari, alle ricerche scientifiche, al
reperimento di informazioni in Rete.
Tuttavia, le esperienze
didattiche, seppur come già affermato, abbondantemente controllate, non possono
essere mere riproduzioni di percorsi già compiuti, di lavori già realizzati; lo
studente (e i docenti) devono imparare a documentarsi per acquisire il sapere
già prodotto e tendere ad esperire situazioni nuove, a scrivere nuove pagine di
didattica attraverso itinerari operativi originali e pertanto, fortemente
stimolanti.
Il Veliero Parlante è una
rete che ha restituito molto a tutti i suoi aderenti, che ha pienamente
ripagato del tempo investito in riunioni e studi, perché non vincola, ma offre
il valore aggiunto della collaborazione. Operare a bordo del Veliero ci piace. Sono contenti i dirigenti perché, di
fatto, hanno creato una community entro la quale si supera la solitudine del dirigente[5]
e che offre occasioni di crescita originale e di confronto sulle tante
questioni dall’autonomia scolastica, dalle pastoie burocratiche alle scelte
progettuali, alla costruzione di vision lungimiranti. Sono contenti di essere
in rete i migliori docenti che si contaminano di entusiasmo incontrando
colleghi motivati e ispirati e superano così la possibilità di appiattimento e
demotivazione che è spesso connessa all’autoreferenzialità di una scuola
isolata. Sono contenti i genitori che hanno la possibilità di vedere l’energia
che si sviluppa quando le scuole di Veliero mettono in mostra i lavori,
riempiendo un intero castello a maggio di ogni anno: nelle ultime edizioni
abbiamo superato le 10.000 presenze di visitatori durante la settimana della
mostra nella quale si susseguono spettacoli, incontri con scrittori e autori,
laboratori, peace teatrali e tavole rotonde, dibattiti e incontri di
formazione. Tanta gente e tanto entusiasmo è dato dal fatto che la scuola esce
da sé e si racconta. Soprattutto esce da quella zona di comunicazione mediatica
che la vede dipinta con tinte fosche riguardo alla demotivazione, il ritardo,
le debolezze degli operatori e del sistema.
Sono contenti i partner che collaborano con
Veliero che diffondono messaggi culturali e aiutano le scuole ad operare la
selezione dei contenuti in funzione della vita vera che si sviluppa nei centri
di ricerca, nelle università, nelle agenzie[6].
Questo contatto con il mondo del lavoro è contributo importante per i dirigenti
ed i docenti nel lavoro di selezione dei percorsi didattici che ci fanno fare rotta verso il futuro.
In conclusione riporto un
esempio del nostro modo di lavorare, con un brano pubblicato lo scorso anno che
racconta di un percorso di educazione alla legalità, durato due anni
scolastici.
Abbiamo
scritto i nostri 100 Passi contro tutte le mafie
Per non avere più EROI da piangere dobbiamo essere
tutti eroi della normalità
I nostri piccoli passi sono
il prodotto di rete del percorso di educazione alla cittadinanza; l’idea ispirante
è molto semplice: noi –la scuola- dobbiamo marcare i gesti corretti per
renderli modelli di comportamento.
Abbiamo ragionato sulla
matrice dei comportamenti mafiosi che ci pervadono –come popolo italiano e come
meridionali- e cercato le strade per riflettere con i ragazzi. Studiando il
modo di affrontare tale complessità, abbiamo cercato la scaturigine del fenomeno,
il punto di partenza del fenomeno pervasivo e strisciante e ci è sembrato ritrovabile
nella leggerezza con cui si compiono i piccoli gesti illegali che non vengono
nemmeno rubricati come tali: tenere una matita che mi è capitata casualmente
fra le mani, non rispettare la coda, scarabocchiare un banco, incidere la porta
del bagno e così via…in un crescendo lieve che arriva poi a farsi eleggere
rappresentante di classe con doni e promesse, scopiazzare la verifica,
nascondere omertosamente il gesto brutto di un compagno fino a perdere il senso
dell’azione sbagliata e a confonderla con il comportamento corretto.
Crediamo che serva molto
operare secondo il principio della memoria operante, che vede nel ricordo della
commemorazione dei fatti della storia recente un senso solo se vi corrisponde
un approfondimento degli accadimenti di cui si parla e soprattutto un’azione.
Per questo rinnoviamo le storie di Giovanni Falcone, Paolo Borsellino, Peppino
Impastato, Renata Fonte per far gemmare nelle menti dei nostri ragazzi il
bisogno di onestà, di collaborazione e di rispetto.
Noi a scuola accogliamo
bambini e salutiamo giovani maggiorenni; prendiamo alunni e lasciamo allo Stato
e alla Vita cittadini e studenti, cioè persone che sono in grado di progettare
un futuro nella sola logica dell’impegno e dello studio che non deve finire mai.
Mai.
La mission della Scuola è
questa: insinuare la curiosità della conoscenza come strategia per il
perseguimento del successo personale che diventerà il successo della nostra
Italia. Non ci riusciamo sempre, perché spesso indichiamo la Storia e ci perdiamo
i dettagli delle storie. Ci convinciamo che noi non ci possiamo fare nulla, che
è tutto troppo grande per noi.
Non ci credo. Io credo
che se si piantano i semi poi, prima o poi, le piante nasceranno. E credo nella
bellezza delle menti dei bambini e dei giovani che faranno il Domani.
Per questo abbiamo
scritto i Passi verso la cittadinanza, perché chi non ha ancora riflettuto
sulle piccole cose abbia degli esempi; vogliamo curare il male prevenendo il
gesto inconsapevole e premiando le uniche cose che contano: l’impegno e
l’onestà.
Nelle
scuole della Rete si è ragionato su questa proposta e le classi hanno
raccontato il proprio PASSO in un testo di massimo 1000 battute e su un
cartellone bianco misura cm.70-100 nella sagoma di un’impronta.
Tra tutti
i Passi prodotti ne sono stati selezionati 100 e i cartelloni sono stati
riprodotti su manifesti plastificati ed esposti nella settimana di mostra dei
lavori della Rete in una simbolica marcia; immagini e testi sono stati raccolti
in una pubblicazione dal titolo I nostri
100 Passi, con la presentazione di Rita Borsellino (https://www.ibs.it/nostri-cento-passi-libro-vari/e/9788899089399).
Sono
bellissimi e ricchissimo è il messaggio che veicolano. Ma l’emozione non è
finita alla mostra.
Il 23
maggio, in occasione della strage di Capaci, i dirigenti delle 43 scuole della
rete, hanno popolato un pullman e raggiunto la Sicilia per rendere tangibile
l’impegno dell’essere cittadini e raccontare questa faccia pulita del Salento e
della Puglia. Abbiamo indossato i manifesti
dei passi come pettorine e sfilato per le strade di Palermo per testimoniare
l’impegno delle scuole del Veliero Parlante; è stata un’esperienza molto intensa
che ha permesso l’affermazione dell’importanza di essere stati insieme nella
costruzione di questo canto corale, il nostro modo per diffondere i germi
matetici della Costituzione.
Ora i
Passi sono una mostra itinerante che per l’intero anno ha fatto tappa in tutte
le scuole della rete[7]
e che ha determinato eventi sul tema della legalità, con testimoni, operatori
di giustizia, amministratori locali ed ora qualunque scuola d’Italia può
prenotarla.
Questo
è il valore aggiunto che la rete offre; la costruzione di artefatti artistico
culturali che sono molto più della somma delle parti che li compongono.
Ornella
Castellano
[1] Le
proposte sono presentate ai Collegi a giugno, nelle linee essenziali, in forma
di percorsi e/o concorsi e riguardano tutte le aree disciplinari per essere
sviluppate e dettagliare in Unità d’Apprendimento da inserire nei PTOF nell’a.s.
successivo. Qui la nostra programmazione per l’anno scolastico 17/18: http://lnx.comprensivofalconecopertino.it/beta/wp-content/uploads/2017/06/Verbale-Veliero-19-giugno-2017.pdf
Successivamente, ad inizio d’anno scolastico, le
proposte vengono definite in forma di bando che si diffonde a livello
regionale. Questo il bando dello scorso anno, 2016/17: http://www.usplecce.it/index.php?option=com_content&view=article&id=358&catid=35&Itemid=227
[4]Le tracce
delle varie edizioni di Veliero Parlante sono reperibili in rete, in
particolare nella Galleria all’indirizzo http://win.comprensivofalconecopertino.it/reteveliero/
[5] Faccio
riferimento a quella che in letteratura è stata definita la solitudine del dirigente determinata da più fattori. La solitudine
prescinde dalla tipologia di leadership esercitata anche se nella dirigenza
empatica e democratica l’effetto risulta attenuato.
[6] I
programmi delle edizioni di Veliero Parlante con le attività della settimana e
i grandi partner sono disponibili in rete all’indirizzo http://lnx.comprensivofalconecopertino.it/programma-veliero-2017/
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