C'era... una sola volta!
Storia semiseria liberamente tratta dalla straordinaria novella di Gianni Rodari: Il barone Lamberto che visse due volteAtto primo: Pronti… Via!!
Atto terzo: Il miracolo
Atto quarto: Parenti…Serpenti
Atto quinto: Attento Lamberto…
Atto sesto: Re nato
Personaggi:
Barone Lamberto Maggiordomo Anselmo
Nipote Ottavio Signorina Delfina
Signor Armando Signor Giacomini
Signora Zanzi Signor Bergamini
Signora Merlo La banda dei 24 L
I direttori generali Il diavolo
La coscienza
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Atto primo: Pronti…Via!!
LETTORI: In mezzo alle montagne c’è il lago d’Orta. In mezzo al lago d’Orta, ma
proprio a metà, c’è l’isola di San Giulio. Sull’isola di San Giulio c’è la
villa del Barone Lamberto, un signore molto vecchio (ha novantatre anni), assai
ricco (possiede ventiquattro banche in Italia, Svizzera, Hong Kong, Singapore,
eccetera), sempre malato. Le sue malattie sono ventiquattro.
Solo il maggiordomo Anselmo se le ricorda tutte. Le
tiene elencate in ordine alfabetico in
un piccolo taccuino: asma, arteriosclerosi, artrite, artrosi, bronchite
cronica, e così avanti, fino alla zeta di zoppìa.
Accanto ad ogni malattia Anselmo ha annotato le
medicine da prendere, a che ora del giorno e della notte, i cibi permessi e
quelli vietati, le raccomandazioni dei dottori:”Stai attento al sale, che fa
aumentare la pressione”, “Limitate lo zucchero, che non va d’accordo con il
diabete”, “Evitare le emozioni, le scale, le correnti d’aria, la pioggia, il
sole e la luna”
Certe volte il barone Lamberto sente un dolorino qui
o lì, ma non riesce ad attribuirlo con precisione ad una delle sue malattie.
Allora domanda al maggiordomo:
LAMBERTO:
Anselmo, una fitta qui e l’altra lì?
ANSELMO:
Numero sette, signor barone: l’ulcera duodenale.
LAMBERTO:
Anselmo, ho di nuovo quelle vertigini. Che sarà mai?
ANSELMO:
Numero nove, signor barone: il fegato. Ma ci potrebbe essere anche lo zampino del numero quindici, la
tiroide.
tiroide.
LAMBERTO:
Sono vecchio. Sono tanto vecchio!
Sono ricco. Sono tanto
ricco! Ma sono malato. Sono tanto malato!
ANSELMO:
Coraggio signor barone. Venga qui, si metta pur comodo. Preparo le valige e
partiamo per la nostra vacanza d’inverno nel caldo Egitto.
Balletto su musica egiziana. (Le
danzatrici sfilano al seguito del santone arabo)
LAMBERTO:
Torniamo a casa Anselmo. Abbiamo molto da fare.
ANSELMO:
Si, signor barone. Partiamo.
Atto secondo: Il nome
Entrano in scena i 6 parlatori guidati da Anselmo.
Ciascuno porta un cuscino e si siedono in semicerchio. Anselmo, come un maestro
di musica prova le intonazioni e ascolta la tonalità con la quale ciascuno
scandisce il nome di Lamberto.
Nascosto dietro ad un paravento
Lamberto apre e chiude pulsanti e legge e rilegge una pergamena che nasconde
con avidità.
LAMBERTO: Dà retta, Anselmo, la maiuscola non si
sente.
ANSELMO:
Purtroppo, signor barone, non esiste un modo di pronunciare le maiuscole
diversamente dalle minuscole. La lingua parlata ha di queste manchevolezze.
LAMBERTO:
Lo so. Ma è ben fastidioso. La “Elle” iniziale del mio nome suona esattamente
come la “elle” di lumaca, lucertola, lecca-lecca. È deprimente. Mi domando come
abbia potuto tollerare, il grande Napoleone, che la “Enne” del suo nome
imperiale avesse lo stesso suono di quella di navalmeccanico, nottolino,
natica.
ANSELMO:
Naso, nausea, nittitazione
LAMBERTO:
Che vuol dire nittitazione?
ANSELMO: l’atto di aprire e chiudere rapidamente gli
occhi.
LAMBERTO: Mi raccomando Anselmo: il mio nome deve essere
ben scandito. Come avrai notato, è composto da lettere tutte differenti.
ANSELMO: Anche il mio, se il signor barone permette.
LAMBERTO: Anche il tuo. E anche Delfina. Sono belli i
nomi in cui nessuna lettera compare più di una volta. Qualche volta sono belli
anche gli altri. La povera mamma, per esempio, si chiamava Ottavia, un nome in
cui la “T” è raddoppiata e la “a” è ripetuta. Nel suo caso questo suonava molto
bene. Però mi dispiace che mia sorella abbia voluto battezzare Ottavio il suo
unico figlio. Ottavio comincia e finisce con la stessa vocale. Le due “o” hanno
l’effetto di una parentesi. Un nome tra parentesi, che roba… Sarà per questo
che l’Ottavio non mi è tanto simpatico. Non credo che lo lascerò erede di tutte
le mie ricchezze… Purtroppo non ho altri parenti… Tutti morti prima di me. E
lui sarà lì che aspetta il mio funerale, s’intende. Abbiamo notizie del caro
nipotino?
ANSELMO: No, signor barone. L’ultima volta ha chiesto in
prestito 25 milioni per pagare un debito di gioco. È stato un anno fa.
LAMBERTO: Ricordo. Li aveva persi ai birilli, da quel
vizioso che è sempre stato. Come procedono i lavori su in soffitta? Non devono
mai smettere: mai.
ANSELMO: Ora mi permetta signor barone, vado dai Nostri
alle soffitte.
Signori: riproviamo.
Signora Zanzi, la prego, non tenga così lunga la seconda sillaba di Lamberto,
smorzando la terza: ne risulta un effetto di belato che bisognerebbe evitare a
tutti i costi. Poi Anselmo si
allontana. I sei restano soli e parlottano:
DELFINA:
Questo lavoro non mi convince.
SIGNOR
ARMANDO: Io lo trovo facilissimo. Pensa se dovessimo ripetere la parola
Pterosauro.
DELFINA:
Cosa vuol dire?
SIGNOR
ARMANDO: Rettile volante della preistoria. C’era la settimana scorsa sulle
parole incrociate.
DELFINA: Che
c’entra! Questo lavoro sarebbe misteriosissimo anche se dovessimo ripetere
sempre polenta o pancotto.
SIGNOR
ARMANDO: Io non ci vedo niente di misterioso. Il barone paga e noi lavoriamo.
Siamo ben pagati: il nostro stipendio è come quello del Presidente della
Repubblica.
DELFINA: E
il prodotto? Io ho lavorato dieci anni in una fabbrica di calze. Il padrone
pagava (male, a dire la verità), io lavoravo e alla fine saltavano fuori le
calze. Noi che cosa produciamo?
SIGNORA
MERLO: Ma… è vero! Anch’io mi chiedo
sempre il perché del mio lavoro. Faccio bene a far così?
SIGNORA
ZANZI: Certo che fai bene. Tutti dobbiamo avere consapevolezza del nostro
lavoro.
SIGNOR
GIACOMINI: Ma lo sapete che un tempo i lavoratori venivano sfruttati e mal
pagati e i padroni si arricchivano sulla fatica degli operai?
SIGNOR
BERGAMINI: Era il tempo della Rivoluzione Industriale.
DELFINA:
Si. Nel triangolo industriale, tra Veneto, Lombardia e Piemonte,
nascevano le fabbriche.
SIGNORA
ZANZI: Quando furono inventati i primi telai meccanici nacquero le fabbriche di
tessuti.
DELFINA: Si
chiamavano filande. A lavorarci erano solo donne e bambini.
SIGNOR
GIACOMINI: I bambini? E non andavano a scuola? Non giocavano?
SIGNORA
MERLO: No, non era come adesso…Non solo non giocavano, non andavano a scuola,
ma erano costretti a lavorare… sodo…
SIGNOR
ARMANDO: Sapete che questo succede ancora nei Paesi poveri de mondo? Da noi la
società civile ha prodotto lo stato sociale e i lavoratori sono tutelati
nei loro diritti, ma questa è una
conquista della civiltà.
SIGNORA
ZANZI: Già. Quante lotte ci sono volute per questo. Ripercorrere le vie della
nascita della coscienza civile ci porterebbe molto lontano.
DELFINA:
Qui, a valle, nella fertile Pianura Padana, ci sono le risaie, le piantagioni
dove si coltiva il riso.
SIGNOR
BERGAMINI: Il riso è una pianta che cresce nell’acqua. Per lavorare le piantine
di riso è necessario allagare i campi. Ora si usano le macchine, ma un tempo…
SIGNORA
MERLO: Un tempo no. Si lavorava il riso
stando a mollo nell’acqua fino alle ginocchia.
SIGNORA
ZANZI: Detta così può sembrare piacevole, ma vi assicuro che non lo era per
niente. Le mondine, così venivano chiamate le lavoranti stagionali,che
giungevano da ogni dove, non si divertivano affatto.
Mentre
lavoravano contavano così la loro disperazione…
Canto: Otto ore. Sciur padrun.
DELFINA:
Molte lotte furono condotte e ora questa, per fortuna, è storia.
Ma noi
sappiamo bene che chi non conosce la storia è costretto a riviverla.
SIGNOR
GIACOMINI: Questo è uno degli slogan che accompagnano la Giornata della
Memoria, quella che ricorda la tragedia della Shoah.
SIGNOR
BERGAMINI: La più grande delle brutture della storia dell’umanità.
SIGNORA
MERLO: Dobbiamo ricordare, perché mai più si cada in errori del genere.
SIGNOR
ARMANDO: Ora torniamo al lavoro, ma la nostra coscienza di lavoratori chiede
chiarimenti…
TUTTI:
Lamberto, Lamberto, Lamberto…
SIGNORA
ZANZI: Lamberto, Lamberto, Lamberto…
DELFINA: Ma
che cosa significa????
Atto terzo: Il miracolo
Lamberto, Lamberto, Lamberto…
Lamberto, Lamberto, Lamberto…
LETTORI:
Apparentemente senza risultato i sei ripetono incessantemente il nome di
Lamberto.
Solo dopo
qualche tempo…
Una mattina
il barone, guardandosi allo specchio, scopre che col favore delle tenebre gli è
spuntato un capello. Un capello biondo. Eccolo lì che trema in mezzo al cranio
calvo.
LAMBERTO: Armando! Guarda: un capello. Erano
quarantacinque anni che non si vedeva niente del genere sulla mia testa.
ANSELMO: Un momento, signore. Con sua licenza, non si
tratta di un semplice capello, bensì di un capello naturalmente ondulato, forse
ricciuto.
LAMBERTO:
Quand’ero piccolo, la povera mamma mi chiamava il mio ricciolino!
PAOLO: Non c’è dubbio: è un capello biondo. Pura seta.
Ma… Aspetti, aspetti…
LAMBERTO: Che c’è? Il capello si è spaventato? Si ritira
nella sua tana?
ANSELMO: Le sue rughe, signor barone…
LETTORI: la faccia del vecchio signore è come rappresa in
una ragnatela fittissima di rughe, talune sottili, appena tratteggiate
sull’epidermide, altre profonde come fossi. Pare il muso di una tartaruga
secolare.
Però, a guardar bene, le rughe sembra si vadano
spianando: la pelle diventa liscia a vista d’occhio. Sembra che dagli strati
più profondi salgano cellule giovani, piene di vita e di speranza, per prendere
il posto di quelle vecchie che tramontano malinconicamente.
La mattina seguente sul cranio del barone Lamberto i
capelli, in vari punti, formano ciuffetti sbarazzini. Gli occhi non sono più
seminascosti dalla pesante cortina delle palpebre: si affacciano alla luce con
rinnovata vivacità. Si vede l’iride azzurra che circonda il foro nero della
pupilla come il lago d’Orta circonda l’isola di San Giulio.
LAMBERTO: Anselmo, io comincio a star meglio.
ANSELMO: Controlliamo… (e prende dalla tasca il taccuino)
LAMBERTO: Avanti.
ANSELMO: Numero 1,
asma.
LAMBERTO: L’ultimo accesso è stato diversi mesi fa.
Eravamo appena tornati dall’Egitto.
ANSELMO: Numero due, arteriosclerosi.
LAMBERTO: Abbiamo
mandato il sangue a Milano per le analisi la settimana scorsa…
ANSELMO: Ha ragione il signor barone. Sono arrivate con
la posta di stamattina: tutto in regola. Il signor barone ha oggi le arterie di
un uomo di quarant’anni. Numero tre: rtrosi deformante.
LAMBERTO: Guarda
tu stesso le mie mani, Anselmo. Le loro cinquanta e passa ossa non sono mai
state più agili. Non parliamo degli otto ossicini del polso: erano quarantadue
anni che non riuscivo più a suonare le Variazioni di Beethoven su valzer di
Diabelli.
Il barone
si alza, fa due o tre passi e scoppia a ridere.
LAMBERTO: Guarda,
ho dimenticato di reggermi ai miei due fedeli bastoni dal pomo d’oro, e non
casco. Ossa e muscoli sono tornati a fare il loro dovere. Avrei quasi voglia di
una bella nuotata nel lago.
ANSELMO: Non esageriamo, signor barone. Piuttosto,
continuiamo i controlli.
LAMBERTO: Dai,
ricomincia pure.
ANSELMO: Numero quattro, bronchite cronica.
LAMBERTO: Ho
tossito l’ultima volta per Carnevale, perché mi era andato un boccone di
traverso.
LETTORI: I controlli durano giorni e giorni. Il barone
Lamberto e il suo fido maggiordomo passano sistematicamente in rassegna, senza
nulla trascurare:
il sistema scheletrico;
il sistema muscolare (ci vogliono due mattine solo per
quello, perché i muscoli sono pèiù di seicento e vanno controllati uno per
volta)
il sistema nervoso (è così complicato che fa venire i
nervi)
l’apparato digerente (il barone ormai digerirebbe anche i
gusci delle lumache)
l’apparato circolatorio
i vasi linfatici
le ghiandole endocrine
il sistema riproduttivo.
Tutto in ordine. Dai corpuscoli tattili, che avvertono il
cervello se l’acqua del bagno è troppo calda o troppo fredda, alle trentatre
vertebre della colonna, sia quelle mobili che quelle fisse.
Tanti esami forse non sarebbero stati necessari; bastava
la prova specchio: il barone non dimostra più di quarant’anni.
Poche settimane fa era un vecchio tenuto su solo dalle
medicine e dai suoi due famosi bastoni col pomo d’oro e adesso eccolo lì, un
uomo nel pieno vigore, quasi un giovanotto, diritto, alto, biondo, sportivo.
Ha preso l’abitudine di fare il giro dell’isola a nuoto
tutte le mattine per tenersi in esercizio. Esegue al pianoforte i pezzi più
famosi senza sudare. Fa ginnastica. Spacca la legna per il caminetto. Rema,
porta la vela senza imbrogliarsi tra fiocco e randa, si tuffa dai trampolini e,
dove non ci sono, dagli alberi.
Le sue 24 banche, intanto gli mandano il resoconto dei
profitti. E nelle soffitte della sua villa sei ignari lavoratori lo nominano
senza saper perché (ma Delfina continua a domandarselo).
Lamberto, Lamberto, Lamberto…
Atto quarto: Parenti…Serpenti
OTTAVIO: Ho finito i soldi. Non ho più il becco di un
quattrino… Come farò? Potrei mettermi a lavorare,certo… Ma non l’ho mai fatto.
Non so fare niente. C’è solo una soluzione: l’eredità dello zio Lamberto.
Già. Ma se non si decide a morire, lo zio caro, l’eredità non arriverà mai.
DIAVOLO: Dai Ottavio. Qualcosa puoi farla. Prova a
chiedere il denaro in prestito a tuo zio e, se non dovesse darteli, potresti
aiutarlo a… (e fa il gesto
della gola tagliata)
COSCIENZA: Cercati un lavoro Ottavio. Potresti
guadagnarti da vivere onestamente e ciò ti renderebbe migliore…
DIAVOLO: Già… Così poi non potresti più alzarti a
mezzogiorno, bighellonare tra sale gioco e bische e poi far notte con gli amici
in giro a far bravate…
COSCIENZA: Potresti studiare e occuparti di cose
interessanti. Avesti amici e colleghi, una bella famiglia, magari dei figlioli…
DIAVOLO: Ah! Troppa fatica. Pensa… basta un attimo e
potrai avere tutto quello che vuoi… Tutto…
COSCIENZA: Ottavio, Ottavio… (piange)
OTTAVIO: Mi aiuterò. Lo zio è tanto vecchio che a
toglierlo di mezzo non farò alcun danno.
LETTORI: Intanto nelle soffitte continua il lavoro.
TUTTI: Lamberto, Lamberto, Lamberto…
LETTORI: Straordinariamente il barone continua a
ringiovanire.
LAMBERTO: (in
calzoncini e scarpette da ginnastica) Anselmo, portami un pallone che ho
voglia di provare qualche canestro…
AMSELMO: Prego, signore. Se il signor barone permette,
vorrei esprimere la mia contentezza nel vedere tanta splendida forma fisica.
LAMBERTO: Si, Anselmo. Mi sento proprio bene. Penso che
farò una nuotata nel lago e che mi divertirò a saltare con la corda.
ANSELMO: Signore, sono molto felice che dal nostro
viaggio in Egitto siano sortiti cotanti benefici effetti.
LAMBERTO: Vero? Ricordami di spedire un grande biglietto
di ringraziamento al nostro santone arabo e, naturalmente anche un dono, che
sia pari alla riconoscenza che gli porto per il segreto che mi ha confidato. È
così importante che gli farò dono di un cofanetto d’oro e di gioielli. Voglio
che abbia un segno tangibile della mia considerazione.
ANSELMO: L’uomo il cui nome è pronunciato resta in
vita. Così disse il brav’uomo.
LAMBERTO: Già. E funziona. Nelle soffitte, tutto bene?
Proviamo (accende un bottone)
TUTTI: Lamberto, Lamberto, Lamberto…
ANSELMO: Signore, mi permetta; volevo rammentare che i
suoi affari languono… Da qualche giorno la sua preziosa persona non controlla
le quotazioni in borsa, l’indice MIBTEL, l’indice Dawn Johns, l’indice Nichey
della borsa di Tokio…
LAMBERTO: Si, Anselmo. Lo farò, lo farò. Ma ora mi
diverto troppo… Erano secoli che non riuscivo più a muovermi… Sono rinato.
Atto quinto: Attento
Lamberto…
LETTORI: Molti nemici, molti onore, dice il proverbio. E
anche per Lamberto va così. Oltre al nipote Ottavio, altri ambiscono alle fortune
del vecchio signore.
Entrano
in scena i banditi, armati e a volto coperto.
BANDITO: Mani in alto, questa è una rapa…no, è una
rapina… no, è un rapimento!
ANSELMO: Il signore è il nuovo ortolano?
BANDITO: Niente scherzi. Siete circondati. Siamo la banda
dei 24 L. ci chiamiamo tutti Lamberto e vogliamo i soldi del barone. Vogliamo
24 miliardi di €uro: uno per ognuna delle sue banche.
LAMBERTO: Cosa vogliono questi signori, Anselmo? Chi
sono? Visto che non è Carnevale e sono mascherati, sono spazzacamino?
ANSELMO: Mi perdoni, signor barone. Non si tratta né di
spazzacamini né di ortolani. Si dichiarano banditi e chiedono un versamento in
denaro pari ad un miliardo di €uro per ognuna delle sue banche.
LAMBERTO: Ora ho da fare. Devo andare a correre. Dì pure
ai signori che convocherò i Direttori generali delle mie banche e il giuoco sarà presto fatto.
ANSELMO: Ma, signore…
LAMBERTO: Non discutere Anselmo; ti prego, fa come ti ho
detto.
LETTORI: Cosa sarà capitato al nostro barone? Non appare
preoccupato… Il tempo passa e…stiamo a vedere.
Balletto
del ticchettio del tempo.
Entrano
in scena i Direttori generali.
DIRETTORE: Costui non è il barone Lamberto. È un
impostore. Non possiamo versare denaro.
OTTAVIO: Stanotte lo ucciderò.
Atto sesto: Re nato
LAMBERTO: Pensa, Anselmo, quanto tempo ho perso
inutilmente.
ANSELMO: Si, signore. Come si dice: del senno di poi, son
piene le fosse…
LAMBERTO: Ma io le svuoterò le fosse, perché ora potrò
dedicarmi a ciò che conta veramente. Farò il mio lavoro da studente e poi mi
divertirò a fare… l’acrobata in un circo!
ANSELMO: Come crede, signore. Lei ha tutta la vita
davanti.
LAMBERTO: Già, che bella opportunità. Saprò
approfittarne, vedrai. Fate un applauso, perché quella che sta per cominciare è
tutta un’altra storia…
CORO: Finisce così, questa favola breve se ne va… se
ne va. Il disco fa clic e vedrete fra un po’ si fermerà… si fermerà.
Ma aspettate e un’altra ne avrete…C’era una volta il
cantastorie dirà e un’altra favola comincerà…
DELFINA: Avete capito? L’uomo il cui nome è pronunciato
resta in vita.
SIGNORA ZANZI: Si, ma non succede sempre sai…
SIGNOR GIACOMINI: No? E tu come lo sai?
SIGNOR ARMADO: Succede solo nelle favole…
SIGNOR BERGAMINI: Sarebbe troppo bello però… avere una
vita tutta nuova… nuove opportunità…
SIGNORA MERLO: Beh! Perché poi dovremmo avere bisogno di
un’altra vita. Noi abbiamo questa che è tutta davanti a noi.
SIGNOR GIACOMINI: Ma sarebbe bello. Potremmo non ripetere
ciò che si è rivelato improduttivo…
SIGNOR ARMADO: Potremmo correggere tutti gli errori…
Rifare le scelte giuste.
DELFINA: Io credo che dovremmo stare attenti prima e
compiere le scelte giuste.
SIGNORA MERLO: Si.adesso sappiamo quanto è possibile
sbagliare, dobbiamo stare attenti.
SIGNORA ZANZI: Magari, visto che la vita è solo una,
potremmo stare molto attenti a non perdere la bussola… Si, dobbiamo orientarci
nelle scelte che la vita ci chiamerà a compiere. Saremo bravi nocchieri e non
ci perderemo.
SIGNOR GIACOMINI: Nocchiero? Chi è il nocchiero?
SIGNOR ARMADO: Io lo so: stava sulle parole incrociate
della settimana scorsa. È colui che guida una nave, un esperto marinaio.
SIGNORA MERLO: Ma è difficile… Ci possono essere cattivi
consiglieri, che come correnti d’aria cattive possono farci perdere
l’orientamento e farci incagliare negli scogli. Come possiamo riconoscere la
voce della coscienza?
DELFINA: I nostri genitori ci aiuteranno! La mamma sa
sempre come consigliarmi e papà mi vuole proprio un gran bene.
SIGNOR ARMADO: Chiedere consiglio e raccontare sempre a
loro le cose che ci capitano ci sarà di grande aiuto.
SIGNOR BERGAMINI: Anche quando abbiamo fatto una
marachella o abbiamo disubbidito o magari si è rotto qualcosa o qualche amico
ci invita a fare cosa strane?
SIGNOR GIACOMINI: Certo. A volte il rimprovero può far
paura, ma io so che quello di chi mi
vuol bene mi servirà a capire, a non sbagliare più.
DELFINA: A volte ci sembra di aver capito una cosa e il
significato vero è un altro… Magari crediamo che un compagno ci consigli bene e
invece nasconde un inganno.
SIGNORA MERLO: La mamma sa riconoscere le situazioni
pericolose e io lo capirò da lei.
SIGNOR ARMADO: Si, mi hai convinto. Raccontare ai
genitori esperienze e sensazioni può essere molto, molto utile.
SIGNORA ZANZI: Così saremo capaci di scegliere per il meglio: anche perché non
ci sono altre possibilità.
DELFINA: Solo al barone Lamberto è capitato di vivere due
volte…
TUTTI: C’ERA UNA SOLA VOLTA…
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