A SCUOLA CON I RACCONTI PSICLOGOCAMANTE ORIENTATI.
INPUT PER LA COSTRUZIONE DI UNITA’ D’APPRENDIMENTOOrnella Castellano
Troppe volte, di fronte al disagio dei giovani studenti che colorano le
nostre scuole, gli insegnanti migliori, quelli sensibili e motivati, chiedono
aiuto; chiedono informazioni, strategie, strumenti, e questo lavoro può essere
una risposta per molti di loro.
Un libro sulle favole psicologicamente orientate si offre naturalmente
quale mediatore in situazioni di apprendimento finalizzate.
Per non disperdere le
potenzialità dell’intervento è necessario ricorrere ad una progettazione di
dettaglio che necessita di alcune riflessioni preliminari.
La necessità di
affrontare, nel contesto scolastico, problematiche delicate e complesse che
implicano connessioni molto forti con l’influenza della famiglia e del gruppo
dei pari, deve tener conto della complessità del microcosmo istituzionale,
della condizione di difficoltà di costruire l’intervento didattico per il
singolo individuo nella dimensione gruppale in cui si opera.
L’esigenza di personalizzare l’azione educativa e didattica è determinata
dal fatto che l’oggetto dell’intervento è di natura filosofica; si opera
sulla singola Persona, essere con peculiarità uniche e irripetibili, frutto di
intrecci geno e fenotipici che solo didascalicamente possono essere ascrivibili
a categorie generali.
La complessità del lavoro dei docenti e della scuola è data da ciò; dal
bisogno di raccordare le azioni di insegnamento dei molti saperi, formalizzati
e non, pensando a tutti gli alunni, ma tenendo presente il bisogno del singolo.
Ci piace ricordare la sintesi efficace data dallo slogan
anglosassone No child left behind poeticamente reso da Tullio De Mauro
con Non uno di meno; in esso si ritrova il senso del nostro operare, la
nostra mission: non possiamo e non vogliamo perderne neanche uno dei nostri
ragazzi, perché il futuro è in ciascuno di loro.
Peraltro, il mandato istituzionale reso alla scuola, sia
dal ministeriale livello nazionale che sovranazionale è l’innalzamento del
Capitale Umano, inteso come il principale fattore di sviluppo dei paesi
europei.[1]
Il Capitale Umano è l’elemento chiave per lo sviluppo di un Paese; esso,
insieme alle risorse fisiche e finanziarie costituisce il patrimonio di ogni
sistema economico. Data la valenza della problematica tutta la società è
chiamata ad agire, ma alla scuola è riservato il ruolo principale. Sono da
organizzare azioni a partire dalla scuola di base per prevenire le varie forme
di disagio giovanile e di dispersione scolastica.
La pratica non è semplice.
Il modo di pensare di ciascun individuo è connotato da individualità e
diversità. Il pensiero individuale è il prodotto di una serie di diversificazioni
prodotte dal modo di percepire, pensare, apprendere, ricordare, disporsi verso
il mondo e verso gli altri, agire.
Ciascun individuo possiede un modo originale di elaborare le informazioni
e di organizzarle intrecciando variabili quali emotività e relazionalità.
L’intervento educativo deve ricercare, perciò, il “compito di sviluppo” di ogni
allievo, contro ogni stereotipia. La personalizzazione, però, non è
l’intervento individualizzato; definiamo individualizzato quell’operare che
prevede metodiche particolari, non adatte al gruppo nel quale, per favorire
l’integrazione, il soggetto è inserito.
L’individualizzazione è propria della pedagogia speciale, mentre la
scuola è organizzata sul gruppo classe, non a caso.
Il gruppo determina particolari situazioni d’apprendimento grazie alla
moltiplicazione degli io che nell’interazione aumentano le esperienze
individuali e giungono alla liberazione catartica della spontaneità il cui
blocco, come intuì Jacob Moreno, limita il potenziale creativo di ciascuno. Nel
gruppo, però, ciascuno elabora le esperienze comuni in maniera originale, con i
personali mezzi cognitivi e secondo le proprie esigenze e diventa “terapeuta di
sé stesso”. Fattore fondamentale per il successo personale dei membri di un
gruppo è la corretta conduzione e la capacità di leggere e gestire le dinamiche
relazionali. Il progetto deve essere sempre quello di favorire il warming up
process, cioè provocare maieuticamente le conquiste di ciascuno. Quindi, poiché
questo processo è favorito dalle dinamiche di gruppo, per “personalizzare” il
percorso formativo non serve l’intervento ad personam.
I conduttori dei gruppi, i docenti, offrono situazioni didattiche
all’intero gruppo classe, ma si aspettano dal singolo alunno la conquista di
una competenza adeguata al livello di padronanza pregressa. Senza voler
banalizzare la complessità di un intervento personalizzato, credo sia doveroso
sottolinearne la proficuità e la fattibilità. La condicio sine qua non è
senz’altro l’osservazione scientifica dei bisogni: si tratta di “cercare la
Persona” attraverso strumenti specifici.
Un piano personalizzato è dato dalla rilevazione dei dati,
dall’elaborazione del profilo personale e dalla stesura dell’ipotesi di
percorso didattico; risultano proficui a questo scopo i principi della
psicosociodinamica e gli strumenti dell’analisi pedagogico-clinica. I dati
necessari sono relativi al livello di maturazione, alle esperienze personali e
familiari, al grado di relazionalità, senso del sé e motivazione, allo stile a
al livello cognitivo ed interessi e propensioni.
È assolutamente necessario raccogliere sistematicamente le informazioni
necessarie per non cadere in approssimazioni operative che possono risultare
inutili o addirittura dannose: si procede cautamente quando si è consapevoli
degli effetti che ogni gesto didattico può lasciare sui bambini; anche Guido
Petter, nella sua “Valigetta”, ricordava innanzi tutto che insegnare significa
lasciare un segno.
Tutti gli alunni sono deboli perché sono in crescita e molti sono in disagio.
A parte i casi conclamati di bambini diversamente abili, per i quali è stato
avviato lo specifico percorso di segnalazione, a scuola giungono pochissimi
casi diagnosticati di disagio. Quasi sempre gli interventi nei confronti di
questi alunni sono vaghi e affidati all’esclusivo buon senso di docenti
generici. È necessario predisporre interventi compensatori e lo strumento è una
rigorosa e dettagliata progettazione.
Per operare nella direzione
della qualità dell’intervento didattico nel sistema scolastico è tuttavia
necessario, come consiglia Lichtner, partire dalla definizione di alcuni punti
cardine evidenziabili nelle linee del POF: l’espressione di una precisa
intenzionalità, una logica interna stabile ma anche capace di evolvere per il
miglioramento delle performance, obiettivi concretamente legati ai bisogni del
reale.
Non essendoci modelli standardizzati da applicare, ogni scuola autonoma
sceglie la sua architettura progettuale che terrà conto dei riferimenti
normativi e si svilupperà in Unità d’apprendimento.
L’Unità d’Apprendimento è uno degli strumenti per la gestione didattica
dell’intervento formativo; non è per ossequio alla moda o per contrapposizione
ad essa che la si propone, ma per la valutazione positiva che di essa si è
fatta riguardo al rapporto efficacia-efficienza che garantisce.
“Non ci può
essere unità di apprendimento senza che sia prevista una unità di insegnamento
che la promuova e si intrecci con essa. Perciò l'architettura
delle unità di apprendimento dipende dall'ideazione delle
attività di apprendimento in intreccio con quelle di insegnamento.
Unità indica
una sequenza di attività che hanno un inizio e una fine e che possono
articolarsi in fasi. La unitarietà è assicurata dalla coerenza tematica. Ogni
unità dì apprendimento dovrebbe essere riconoscibile per il fatto che è
organizzata per la costruzione di una conoscenza significativa grazie a
operazioni di apprendimento capaci di generare abilità e competenze[2].
In coerenza con quanto
detto, per la traduzione operativa in situazione scolastica dei racconti
psicologicamente orientati, non si può presentare un’unità d’apprendimento
definita, perché nessuna realtà scolastica è ripetibile e, quindi, non esistono
progettazioni valide sic et simpliciter, da copiare…
Quella che si propone è
una sollecitazione, un modo di interpretare, una matrice incrementale da
contestualizzare ed un sincero augurio di buon lavoro a tutti coloro che
sapranno mettersi in gioco tra emozioni e racconti.
Unità d’Apprendimento Mi racconti…Ti racconto
Target: Alunni della
scuola Primaria
Setting didattici:
Laboratorio Lettura– Palestra – Lab. Informatico - Laboratorio Espressivo
Tempi e durata: 2
interventi di 1 ora e 30 a settimana per un quadrimestre (50 ore circa)
Verifica degli
apprendimenti: in due tempi (ex ante ed ex post) attraverso la somministrazione
dell’intervista emozionale (Russo) per la rilevazione delle competenze di
ciascuno rispetto alla conoscenza ed alla gestione soggettiva delle emozioni.
Valutazione della UA: sarà
data dalla lettura comparata dei sociogrammi somministrati ai gruppi classe
all’inizio e al termine dell’intervento.
Descrizione: L’Unità
d’Apprendimento è pensata per i tempi di compresenza dei docenti con
organizzazione degli alunni in gruppi di compito.
Ogni docente coinvolto
curerà un laboratorio e i gruppi degli alunni ruoteranno nei laboratori stessi.
La metodologia specifica
dei diversi linguaggi laboratoriali avrà un collegamento legato all’approccio
multisensoriale.
La realizzazione del prodotto
finale avverrà nella logica del cooperative learning.
[1] Unione Europea: il
Presidente Barroso ha recentemente presentato l’Action Plan nel quale emergono
i tre temi più urgenti per la formazione
in Europa: sviluppo delle
infrastrutture, Ricerca-Sviluppo e
Capitale Umano.
[2] Da Architettura delle unità di Ivo Mattozzi. Ci sono, dunque, alcune
esigenze da rispettare: 1-"tematizzare" convenientemente il sapere da
insegnare, il che vuol dire non solo scegliere la conoscenza da impartire e da
far imparare, ma anche "delimitarla" in modo né frammentario né
troppo ampio e confuso; 2- suddividere la conoscenza in "porzioni" (o
blocchi testuali) che corrispondono a sottotematizzazioni, ciascuna delle quali
prepara e fonda le condizioni di comprensione e apprendimento delle porzioni
seguenti. Per questa loro idoneità a promuovere risultati conoscitivi già
sufficientemente significativi, le "porzioni di conoscenza" insieme
con le operazioni di apprendimento possono essere pensate come percorsi,
componibili in diversi modi; 3- individuare o produrre i materiali più adatti
per la costruzione della conoscenza e la promozione delle abilità degli scolari;
4- individuare le attività più convenienti e più proporzionate alle capacità
dei bambini e alle caratteristiche dei materiali e della conoscenza;
5-organizzare l'intreccio della mediazione didattica, di uso dei materiali,
delle operazioni di apprendimento; 6-pensare le prove di controllo sia in
itinere sia terminali; 7-curarsi di conoscere lo stato cognitivo di partenza
degli alunni rispetto alla conoscenza nuova e alle operazioni previste;
8-ancorare alla rilevazione delle preconoscenze, la motivazione e i problemi
capaci di promuovere l’interesse e la tensione cognitiva”.
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