Nella moderna letteratura specializzata è possibile reperire preziose documentazioni riguardo strategie per promuovere l’innovazione scolastica. Si presentano in forme molto differenti e spesso - quando non sono metodologie semplici - rimandano a situazioni specifiche e in alcuni casi irripetibili ma certamente si offrono al dirigente scolastico quale utile terreno di riflessione.
Al di là delle enunciazioni teoriche che provengono per lo più dal mondo accademico e che restano le prospettive filosofiche cui ispirarsi, appare utile proporre alle scuole le esperienze innovative già realizzate che hanno già tradotto la teoresi e la norma in praxis. Sono il modo in cui sono già state affrontate e risolte le problematiche comuni a tutti: migliorare l’apprendimento degli studenti attraverso la trasformazione della didattica superando le resistenze dei docenti ripensando l’organizzazione della Didattica, del Tempo e dello Spazio.
Ognuna di queste esperienze di innovazione ha la caratteristica di corrispondere alla specificità della scuola nella quale è stata generata ma può essere molto utile per accelerare il miglioramento del sistema esistente e innescare nuovi processi. Pertanto, non esistono ricette pronte - applicabili tout court - ma solo modellizzazioni di esperienze di successo cui attingere. Riferirsi ad esperienze innovative stabilizzate e verificate permette - tuttavia - di ridurre sensibilmente i tempi di applicazione e i rischi di insuccesso.
Promuovere l’innovazione è compito specifico del dirigente scolastico.
Le scuole sono organizzazioni complesse che prevedono la predisposizione di articolate progettualità sviluppate su più livelli, dalle macroaree che interessano l’intera istituzione alle progettualità dei vari processi e dei singoli interventi.
Ogni livello progettuale deve essere parte del disegno complessivo, deve esserne derivante e conducente. Tutti i percorsi devono generarsi e portare incremento al sistema stesso.
Questo modello di gestione del sistema si contrappone radicalmente al vecchio modello di scuola, che chiameremo “di tradizione”, basato esclusivamente su individualismi didattici, in cui ogni docente seguiva il personale universo teorico ed etico e solo eccezionalmente si applicava ad attività corali, di stampo multidisciplinare.
Per questo affermiamo che il modello tradizionale di scuola era basato sull’insegnamento. Il professore aveva cura di trasmettere saperi, di raccogliere restituzioni di conoscenze attraverso interrogazioni formali e compiti scritti senza assumersi la responsabilità dell’apprendimento dello studente. L’apprendimento, nella logica tradizionale, non era determinabile da metodiche di didattica attiva, esperienze laboratoriali, applicazione della personalizzazione, ma era esclusivamente una conseguenza della capacità di studiare e di impegnarsi dello studente. Il docente insegnava e basta.
Qui si apre la riflessione: grazie alle neuroscienze oggi sappiamo quali sono i processi che il cervello attiva nel processo di apprendimento. Sappiamo che esistono più stili cognitivi e che l’intelligenza non è un monolite (per cui si diceva: è intelligente o non è intelligente) ma si presenta con una pluralità di forme. Sappiamo che non tutti i cervelli sono dotati di funzioni per l’astrazione e l’apprendimento attraverso mediatori simbolici. Per molti soggetti è indispensabile creare condizioni di apprendimento per presa di contatto, realizzando la manipolazione cognitiva dei contenuti. Nella moderna logica formativa che ci sostiene i contenuti disciplinari non risultano più significativi tout court ma determinanti perché funzionali al potenziamento delle diverse forme dell’Intelligenza. Il riferimento è alle Intelligenze multiple di Howard Gardner e alle ricerche delle neuroscienze che, sostenendo teoricamente la riflessione pedagogica relativa alla didattica per competenze, guidano i docenti ricercatori verso la costruzione dei nuovi impianti didattici improntati al learning by doing, alla metodica laboratoriale.
Apprendimento induttivo e didattica laboratoriale
Si impara facendo nei laboratori didattici, si impara a studiare acquisendo il rigore metodologico dello studio, attraverso il valore aggiunto della motivazione che si genera quando si lavora su compiti reali. Attraverso la didattica di laboratorio e il privilegiare l’esperienza di apprendimento per metodica induttiva si riesce a rovesciare il sistema tradizionale di apprendimento fondato sull’acquisizione dei principi teorici (pratica possibile solo per chi è dotato di intelligenza gnoseologica). Operare sul caso concreto permette a ciascuno di imparare facendo e solo successivamente, in adeguati momenti di debriefing, raccogliere informazioni per astrarre principi e teorie; in questo modo TUTTI imparano. Chi è dotato per la riflessione e chi è portato per la pratica.
È indispensabile avere un’idea da seguire, aver chiara l’idea dello studente da guidare: i docenti devono aiutare a capire.
Per questo diciamo che la scuola è un ambiente di apprendimento intenzionalmente costruito; intenzionalmente organizzato per far comprendere che la via per il successo passa attraverso la dedizione, il benessere, l’impegno, la determinazione. Se con i miei prof. e i miei compagni sto costruendo un libro di storia del mio paese, un saggio breve, un romanzo di avventure, un manifesto, può succedere che io lo stia facendo da inconsapevole operaio (al limite dell’alienazione) oppure che io lo stia facendo da studente ricercatore.
La funzione docente: un nuovo umanesimo
La funzione dell’insegnamento è quella di guidare all’uso degli oggetti culturali per permettere la costruzione di schemi cognitivi di apprendimento. A scuola il setting didattico è un ambiente controllato per definizione; è una situazione per toccare con mano, provare, imparare ad usare e a fare il maggior numero di cose possibili, rispetto a contenuti disciplinari ben codificati e posseduti dai docenti. Si tratta di non trascurare, in primis, la fase di ricerca delle precedenti esperienze già realizzate e facilmente reperibili. Inoltre, nel fare ricerca, si acquisiscono importantissime conoscenze e abilità di tipo tecnico a partire dalle varie strategie di documentazione utilizzando tutti i canali possibili: dalle fonti dirette, ai saggi letterari, alle ricerche scientifiche, al reperimento di informazioni in Rete.
Tuttavia, le esperienze didattiche, seppur come già affermato, abbondantemente controllate, non possono essere mere riproduzioni di percorsi già compiuti, di lavori già realizzati; lo studente (e i docenti) devono imparare a documentarsi per acquisire il sapere già prodotto e tendere ad esperire situazioni nuove, a scrivere nuove pagine di didattica attraverso itinerari operativi originali e pertanto, fortemente stimolanti.
Quello che emerge è il profilo di un docente ricercatore che applica la personalizzazione e realizza una scuola inclusiva. La tabella seguente sintetizza quanto presentato fin qui.
Il Docente ricercatore è la figura che realizza la mediazione didattica nell’era delle macchine che ha liberalizzato l’accesso alle informazioni attraverso il web. Il docente trasmettitore di informazioni non serve più; occorre una professionalità che operi sulle abilità e sulle funzioni cognitive che si generano dalla manipolazione di saperi e strumenti.
Funzione della tecnologia e organizzazione degli spazi
Costruire un impianto progettuale di istituto determina la riflessione dell’intero collegio dei docenti intorno a strategie, strumenti, utilizzo dei tempi e degli spazi. È necessario che la comunità professionale sia concorde nel perseguire le pratiche innovative concordate e lo strumento privilegiato nelle mani del dirigente è l’impianto progettuale che descrive, definisce e scandisce le varie fasi. Poiché tutte le fasi vanno seguite il dirigente, proprio come un direttore d’orchestra, segue l’agire attraverso la partitura progettuale, quella che si chiama PTOF.
Realizzare un POF di lungo respiro, triennale appunto, permette di pianificare anche sul lungo periodo la sperimentazione dei processi, la verifica e la stabilizzazione degli stessi. Permette di pianificare acquisti di strumenti, suppellettili, materiali e di orientare la formazione dei docenti. La competenza dei dirigenti “orientatori” e dei docenti è la leva autentica del cambiamento.
Tutto concorre a creare il nuovo a scuola e, seppur non si tratti di riempire di pc e di schermi è indispensabile ripensare la didattica attraverso l’uso delle tecnologie ed è quindi necessario ragionare con i docenti sulle strategie e l’uso delle TIC.
Ci piace pensare a ciò che serve ai nostri studenti: serve loro la capacità di orientarsi nella complessità, di possedere i codici per accedere ai saperi.
La didattica innovativa favorisce il Pensiero Divergente cioè l’immaginazione, che ci consente di generare nuove idee e possibilità e alimenta il Pensiero Convergente quello che ci consente di formulare giudizi, valutazioni, critiche.
La scuola come ambiente di apprendimento emozionale
L'educazione alle emozioni è uno dei percorsi fondamentali nella scuola tanto da acquisire la valenza di prospettiva di sfondo ai curricoli squisitamente disciplinari e interdisciplinari.
La funzione istituzionale della Scuola è di innalzare il capitale umano della società, di migliorare, cioè, la capacità di affermazione di ogni individuo che, attraverso il training scolastico, si prepara a vivere il futuro da cittadino attivo e produttivo. Siamo chiamati, quindi, non più a fornire saperi e tecniche - a riempire teste - ma a stimolare pensiero critico e creativo; il telos è quello di formare le menti degli studenti, cioè di coloro che sanno studiare, e che continueranno a farlo per tutta la vita nella dimensione della lifelong learning. In questo rovesciamento epistemico la prospettiva da disciplinaristica e trasmissiva diventa ecologica e significativa e l'apprendimento sostituisce filosoficamente l'insegnamento.
Se, dunque, al centro del meccanismo si pone la Persona che apprende, e si riconoscono al singolo alunno tutte le modalità di risposta originali alle sollecitazioni scolastiche, date dalle variabili personali che influiscono sul processo di acquisizione dei sistemi simbolico-culturali, risulta fondamentale l'attenzione al benessere dello studente quale condizione per lo sviluppo di una progressiva competenza nella sfera dell'affettività che gli permetterà, gradualmente, di "conoscere se stesso" e di intenzionare le relazioni con l'altro da sé.
Da sempre sappiamo che l'apprendimento è condizionato dall'affettività; il bambino può accettare lo sforzo e la fatica dello studio solo per amore: per far piacere ai genitori ed ai docenti, cioè alle figure adulte significative perché affettivamente connotate.
Educare alle emozioni permette di curare, cioè impostare e arricchire attraverso azioni didattiche specifiche, le intelligenze interpersonale ed intrapersonale - la sesta e la settima intelligenza secondo Gardner. L'intelligenza interpersonale è la dimensione esterna dell’intelligenza sociale, che usiamo per gestire le relazioni e che rimanda all’abilità di interpretare le emozioni, le motivazioni e gli stati d'animo degli altri. L’intelligenza intrapersonale, invece, ne rappresenta l’aspetto interiore, data dalla capacità introspettiva di comprendere le proprie emozioni e di incanalarle in forme socialmente accettabili determinando l'auto affermazione, la consapevolezza del sé, l'auto motivazione.
Per questo è necessario concepire la scuola come ambiente di apprendimento emozionale.
Ogni scuola, nella sua Autonomia, elabora il curricolo, che costituisce l’insieme degli itinerari d’apprendimento che rimandano alle diverse discipline e ai saperi pluridisciplinari ad alta valenza formativa, quali, ad esempio la Cittadinanza, l’Ambiente, l’Intercultura, etc.
Pertanto riteniamo determinante, per la qualità di un curricolo, la presenza di rimandi all’educazione Affettiva che si struttura in percorsi formali ed informali, assolvendo anche alla funzione connettiva tra le parti ed il tutto dei vari step progettuali; l'educazione all’affettività, infatti, fa da catalizzatore tra acquisizione dei saperi, sviluppo del senso civico, convivenza.
I percorsi formali sono costruiti attraverso Unità di Apprendimento elaborate intorno a obiettivi formativi individuati con variabili legate all’età degli alunni e obiettivi specifici tratti dalle Indicazioni Nazionali, mentre i percorsi informali sono determinati dall’insieme delle relazioni umane, delle logiche organizzative, della strutturazione degli spazi, dall’attenzione ai bisogni specifici di ciascuno che fanno della scuola un ambiente di apprendimento emozionale.
Attraverso le azioni didattiche del curricolo affettivo – formali e non - si induce l'ampliamento del vocabolario emotivo, la discriminazione delle diverse manifestazioni emotive per giungere al controllo delle emozioni.
Molti dei percorsi didattici possibili, finalizzati alla educazione affettiva, trovano radici nella tradizione culturale, come la narrazione, i biblio-percorsi, la scrittura creativa, il teatro, la catarsi espressiva. Altri si basano sull'utilizzo di mediatori analogici, come il brainstorming, il circle-time, gli ateliers didattici; e ancora ricordiamo la philosophy for children, la logica, il problem solving. Molto si fa, ma ancora molto resta da fare.
La costruzione della scuola quale ambiente di apprendimento emozionale prevede specifiche e aggiornate competenze metodologico didattiche e organizzative. L’obiettivo è quello di favorirne la sistematizzazione nei curricola scolastici, al fine di uscire dall’episodicità progettuale e generare sistema.
Una proposta educativa qualificata, fondata sull’alta qualità degli insegnamenti e la cura degli ambienti. I due percorsi si intrecciano: alla nuova intenzionalità didattica servono spazi ripensati e i nuovi spazi generano apprendimenti.
Tutto il processo di apprendimento personalizzato è scandito da tappe di esperienza in ambiente disciplinare che conduce alla maturazione globale della persona. Tale processo di apprendimento è determinato da alcune condizioni: la relazione affettiva (ogni alunno deve avvertire di essere importante per i docenti e per i compagni) e la qualità del contesto (l’ambiente deve essere pulito, piacevole, stimolante). In sintesi ci piace affermare che si impara nell’emozione del bello: la bellezza delle relazioni e la bellezza dell’ambiente.
Per utilizzare tutta la scuola come un laboratorio è necessario modificarne la funzionalità poiché, per intercettare i bambini e gli adolescenti di oggi, la scuola deve ospitare forme articolate di mediazione e di comunicazione.
Non è in gioco solo il recupero di una modernità multimediale, ma anche di un ambiente fisico, di un faccia a faccia, di un incontro di corpi che “pensano”.
Ogni angolo della scuola deve essere organizzato per diventare setting di apprendimento, non solo le aule, ma corridoi, atri, spazi all’aperto.
Il consolidato modello anglosassone delle aule laboratorio può essere un’ottima strategia per migliorare il benessere degli studenti determinato proprio dal movimento che permette un rapido ed efficace passaggio da una disciplina ad un’altra. Muoversi aiuta a star bene. Rovescia la prassi, accorcia le distanze fra docenti ed alunni perché i ragazzi sono responsabilizzati ed anche la didattica disciplinare avviene in modalità laboratoriale. Tutto è dinamico. La domanda era: può bastare solo lo squillo del cambio d’ora per chiudere con un argomento e immergersi in un altro senza far fatica? Attraversare il corridoio scherzando con i compagni e arrivare in un’aula dove ti accoglie il prof, che ha pronti tutti i materiali e i sussidi specifici, lo favorisce. E il benessere favorisce l’apprendimento.
Per la realizzazione di attività laboratoriali molto complesse che richiedono la ricerca e la sperimentazione si creano tra i ragazzi gruppi di lavoro di interesse. Un laboratorio per la realizzazione di un elaborato multidisciplinare offre la possibilità di creare gruppi di studenti rispetto alle proprie inclinazioni e alle proprie conoscenze. Ciascuno troverà spazio per fare e per imparare, tutti, sia coloro che hanno forme di funzionamento del cervello con differenze e difficoltà che coloro che hanno capacità intellettive alte o superiori.
In questo modo è possibile realizzare una scuola realmente inclusiva.
Queste sono le idee che abbiamo posto alla base del nostro Piano di Formazione dei docenti per l’Ambito 18 nel primo triennio. Abbiamo realizzato percorsi di formazione trasversali alle scuole dell’ambito per favorire la collaborazione e la contaminazione e pensato modelli di formazione basati soprattutto sul coinvolgimento diretto dei docenti coinvolti per migliorare la qualità della didattica.
Per realizzare una scuola innovativa è necessario uscire dalla zona di comfort, quella nella quale ci muoviamo riproponendo il già fatto e promuovere la ricerca.