Quando guidi nella nebbia,
in quelle mattinate brumose nelle quali l'umidità te la senti nelle ossa e i sensi -sconcertati- lavorano a basso regime. Quelle giornate in cui gli occhi si rassegnano subito a vedere solo masse confuse e quel colore grigiastro che nasconde la luce; sembra non abbiano memoria, gli occhi. Si rattristano, come se non sapessero che il sole poi torna, come se non ne fossero stati inondati e ubriacati tante volte.
Sembra che la nebbia non debba mai finire, anzi, che non ci sia mai stato altro che nebbia.
Anche le orecchie fanno la loro parte. Sembrano piene di panna montata; non respingono i suoni ma li rallentano. Allora alzi il volume dello stereo della macchina, fai muovere i tergicristalli, prendi in mano il cellulare...e respingi -con indignato stupore- il groppo che si appallottola in gola.
Allora invochi i riflessi del mare, i misteri dei fondali, la carezza del sole e le parole bevute e suonate.
Così fai pieghe e orli
di gesti e parole
C'è sempre da riordinare
cartelle e armadi
Ordine e precisione
Così tutto torna e si completa
Così finisce
Così poi basta
E allora, forse, nella difesa della solitudine, piangi il tuo amore inutile.
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